Non riesco a non pensarci da quando ho scoperto il tragico, prevedibilissimo, epilogo della scomparsa di Giulia Tramontano, morta al settimo mese di gravidanza uccisa dal compagno.

Non riesco a togliermi di dosso la spiacevole sensazione che ho avuto l’istante in cui ho letto la notizia, rimbalzata nel feed social, in cui una vocina nella mia testa mi ha prefigurato lo scenario, ineluttabile, del femminicidio. Ho visto qualche post su Instagram non so di chi, che riportava solo due parole: “lo sapevamo” misura del sentire comune.

Ho iniziato a scrivere questo post perché mi sono accorta di aver bisogno di rifletterci, non riesco a processare le emozioni ancora, a caldo, dopo aver letto alcuni particolari aberranti di questo delitto. Forse per questo mi dirigo su dei numeri, asettici ma non così tanto, che vorrei condividervi.

Parliamo di uomini che uccidono le donne, i dati ISTAT relativi al 2021 (li ho ripresi da questo articolo), sono sconcertanti, e se tanto mi da tanto, anche quelli del 2022 e del 2023 manterranno lo stesso trend crescente.

58,8 % degli omicidi di donne avvengono nell’ambito della relazione di coppia:

45,4% commessi dal partner attuale

13,4% commessi da ex partner

Fra i partner assassini nel 77,8% dei casi si tratta del marito, mentre tra gli ex prevalgono ex conviventi ed ex fidanzati.

  • 25,2% è vittima di un altro parente,
  • il 5% è vittima di un conoscente,

Nel 10,9% degli omicidi, la donna è vittima di uno sconosciuto.

A questo punto, i dati ci sbattono in faccia una realtà piuttosto evidente, salvo poi voltarci noi dalla parte opposta perché a nessuno fa piacere processare quello che sto per dire: per le 119 vittime del 2021, 106 donne hanno perso la vita per mano di qualcuno che conoscevano, tra ambito familiare e conoscenti, e sono in 13 invece ad essere morte per mano del famoso “sconosciuto di cui non ci dobbiamo fidare”, storiella ripetuta fin da quando siamo piccole.

Significa che non serve dire alle nostre figlie di “stare attente” (qui si aprirebbe una luuunga parentesi e ne riparleremo prima o poi) assicurandoci di contestualizzare che devono stare attente soprattutto nei confronti di chi decidono di amare, ma si tratta di accettare che è il caso di iniziare a parlare ai nostri figli, di come ci si deve comportare da essere umani, di come si rispettano le donne, ma proprio qui arriva il difficile perché non basta parlarne: queste parole devono rispecchiarsi in come i loro padri trattano le loro madri/sorelle/donne, e da donne, dal canto nostro, dobbiamo sforzarci ogni giorno di contrastare uno stereotipo, uno sgarro, una offesa sui social o una mancanza di rispetto sia essa piccola o grande, perché è tutto terreno fertile per un substrato culturale di mascolinità tossica. Non sono “tutti gli uomini” così, ma sarebbe bello non ve ne fosse nessuno.

Purtroppo ne riparleremo, ancora ed ancora, questo post è solo un segnaposto tra la morte di Giulia e del suo bambino/a mai nato/a ed il prossimo femminicidio che balzerà alle cronache, viste le statistiche potrebbe star già accadendo anche mentre mi stai leggendo.

Nello screen, una storia instagram di Giulia Lapertosa che riporta una testimonianza di quello che di solito possiamo leggere nei titoli dei giornali e nei mass media in general quando viene trattata la tematica del femminicidio.


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