Ho letto del suicidio di Tiziana dovuto alla diffusione di alcuni filmati hard. Aveva 31 anni e non si può morire per questo.
Certe brutte storie sono destinate a ripetersi, ancora ed ancora. Anni fa, ormai più di un decennio, venne diffuso un filmato intimo di una ragazza giovanissima (era minorenne). Si parlò tantissimo della vicenda, non solo online, per questo dubito che ci sia qualcuno che non ne abbia mai sentito parlare: mi riferisco alla storia del video “Forza Chiara da Perugia”. A mia memoria, fu quella la prima volta che prese forma uno scenario ipotetico di questo tipo di rischio: la diffusione di contenuti privati esposti al pubblico senza consenso e senza contezza dei rischi. In 500 furono indagati per il possesso di quel video, visto che riprendendo atti sessuali di una minorenne si configura il reato di possesso di materiale pedopornografico. Non so cosa successe a chi diffuse il video, so invece che Chiara tentò il suicidio e cambiò nome e città. In alcuni forum si ipotizza che questa storia sia una leggenda che circola sulla rete.
Era il 2002, l’epoca di eMule, un software per il download peer to peer di musica, film ed immagini, che era abbastanza diffuso (la velocità di connessione stava lentamente aumentando). Non c’era Facebook, non c’era whatsapp, non c’erano gli smartphone, eppure il video arrivò ovunque e continua a permanere online, sospeso nella dimensione senza tempo e senza spazio della rete. Non erano che gli albori del revenge porn (porno per vendetta) e dello slut shaming (colpevolizzare le donne per comportamenti o desideri sessuali), che trovano nella pervasività dei mezzi di cui disponiamo oggi terreno fertile per la diffusione e proliferazione.
Per Tiziana deve essere stato un inferno. Dopo la diffusione dei video infatti si è risaliti alla sua identità, se di Chiara si conosceva la città, di Tiziana si conosceva non solo il cognome ma anche numerose altre informazioni personali. In più dai video sono nati dei meme, dai meme si è passato ai gadget, in una catena di eventi imprevedibile eppure scontata. C’è anche chi, e questo per me è un delirio assoluto, si è preso la briga di contattarla sul suo profilo per insultarla.
Ho provato ad immedesimarmi ma non credo che la mia simulazione sia lontanamente paragonabile a come si sarà sentita. Gudicata, sola, ferita. Condannata. Senza via di uscita.
Circondata.
Ho scritto di getto dopo aver letto stamattina la riflessione di Errico Bonanno: “Non ho fatto battute. Non ho infierito. Non ho detto niente. Ma ho guardato il video di “Bravo!”. Perché era virale. Perché tutti ne parlavano. Perché volevo sapere cos’era. E l’ho guardato così, annoiato, senza pensare a niente di particolare, tanto per. L’ho guardato come si guardano tutte le fesserie che girano su internet, quelle che diventano tormentoni, e se non le guardi non capisci di che si parla, di che si scherza. L’ho guardato perché non avevo niente di meglio da fare. Poi me ne sono dimenticato. IO sono il branco.”
1 commento
Gaetano Fabiano ® · Settembre 14, 2016 alle 8:41 am
…come le pecore in mezzo a lupi..ognuno di noi è branco