La vita di chi ha perso qualcuno a cui voleva bene si può facilmente identificare in un “prima” e un “dopo”. Da quando papà non c’è più posso dire, e purtroppo chi legge e può capirmi vuol dire che ha vissuto la stessa cosa, di non essere più la stessa persona di prima. Qualcosa implode, si frantuma, per poi riarrangiarsi in qualche modo, per provare a continuare a funzionare, per trovare un senso, e come nella tecnica giapponese del Kintsugi, si diventa qualcos’altro. A me però, a differenza della filosofia giapponese, non sembra che queste cicatrici di oro mi impreziosiscano, e avrei preferito non averle.
Qualche settimana fa ho intercettato un post su Threads che parlava della morte, e mi sono soffermata a pensarci, rispondendo a @Kentel_ così:
Da allora, ho continuato a riflettere sull’argomento. C’è una parte dentro di me che non vuole accettare l’idea che dopo la morte, in effetti, non ci sia nulla. E’ una battaglia che mi sento nelle viscere, perché significa ammettere definitivamente a me stessa che quelle persone che ho amato, non le rivedrò più. Mai più.
Significa ammettere che l’esperienza umana finisca in un briciolo di molecole, le stesse che per uno strano caso del destino da qualche parte nel passato remotissimo si sono combinate per dare origine ad una catena evolutiva che ci vede oggi qui, umani, con un pensiero ed un anima.
Una parte di me invece si aggrappa tenacemente alla speranza che non sia tutto destinato a svanire, che questa anima sia in qualche modo destinata a proiettarci altrove. Non lo so, ed invidio con tutta me stessa le persone che vivono nel conforto di una fede che gli permette di non porsi alcuna di queste domande, potendo cosi adagiarsi su un cuscino morbido di certezze. Il mio è appuntito, e decisamente sgualcito.
Si dice che dopo un certo lasso di tempo, grazie al ricambio cellulare, quello che ci compone è totalmente sostituito da nuove cellule, rendendoci la stessa persona a livello macroscopico ma diversa a livello micro. Ecco, io sono sempre io, ma i livelli con cui leggo ed interpreto la realtà, le situazioni, le persone, la vita non appartengono più alla Francesca di qualche anno fa. Ogni perdita scava un solco, facendomi il cuore rugoso. Sono io, ma non sono più io.
Ritorno al mio cappuccino, qui ed ora, e al profumo del glicine che ho respirato fuori dal cancello della scuola, senza risposte. Ognuno naviga come può, per provare a restare a galla.
Immagine generata dall’AI con il prompt “a girl with red brown hair and glasses, sitting in the dark, with some sparkle of gold”
Per la scrittura del testo, non ho utilizzato AI generativa.
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