Gennaio 2024 è durato 85 giorni, o perlomeno, così mi è sembrato. A voi anche? Sarà che tra le tante cose da fare, ultimamente oscillo tra due estremi opposti, la voglia di conoscere, imparare, fare e la consapevolezza che devo mettere un freno a questa cascata di idee, perché mi sta per travolgere. Nel mezzo, come “non-propriamente-buon” proposito per il nuovo anno, ho deciso di non fare corsi di formazione. In realtà ho già confutato la cosa, iscrivendomi a due corsi di formazione, che evidentemente confermano il limbo in cui mi muovo con scarso equilibrio (!), ma chest’è.

Oggi ho terminato la lettura di un libro, al quale mi sono approcciata in maniera completamente diversa da quello che ho fatto finora. Ho scelto per questo 2024 di distillare (un termine che trova poi applicazione concreta nel libro, ma non lo potevo immaginare) e di concentrarmi su delle letture che mi possano apportare riflessioni significative e una qualche forma di crescita personale, nei più disparati ambiti. L’idea è quella di leggere poche pagine al giorno, avendo a portata di mano matita e concentrazione, e procedere esattamente al contrario di come mi sono sempre approcciata alla lettura: con estrema lentezza. Leggere, sottolineare, far sedimentare i concetti, rendendo significativo tutto il processo.

Il primo, si spera, libro in lettura con questa nuova modalità è quello che dà il titolo all’articolo, “Il tuo secondo cervello” di Tiago Forte, scoperto in occasione di uno scambio su LinkedIn (rimango sempre affascinata dal fatto che al giorno d’oggi si possa imparare tanto, ovunque, grazie ai mezzi di comunicazione anche quando non te l’aspetti).

Il concetto centrale del libro è sorprendentemente semplice ma profondamente efficace: invece di affidarci alla nostra memoria fallibile, perché non creare un “secondo cervello” digitale? L’autore nelle 250 pagine che costituiscono il libro e che onestamente potevano essere condensate in qualcosa meno, guida il lettore attraverso il processo di creazione di questo sistema, utilizzando strumenti digitali come le app per prendere appunti e che permettono di organizzare, salvare e sincronizzare i nostri pensieri e le nostre conoscenze, ma soprattutto stimola alcune riflessioni e fornisce una cornice metodologica entro la quale operare e approcciarsi al “building a second brain” (come titola la versione originale in inglese del libro).

La promessa dell’autore è quella di, una volta fatto proprio e acquisito questo metodo, essere in grado di organizzare e trasformare le informazioni raccolte in conoscenza rintracciabile, applicabile e riutilizzabile per nuove creatività.

In un momento di estremo sovraccarico informativo, dove combattiamo una battaglia in partenza fallimentare per allocare le risorse della nostra attenzione e memoria, diventa vitale cambiare la prospettiva, contrastando quella FOMO che aleggia su di noi, la paura di perdersi qualcosa, e che ci spinge a leggere sempre più, guardare un altro videotutorial, aprire ancora un’altra tab, alimentare un processo di ricerca di informazioni che potenzialmente non ha mai fine e che ci lascia insoddisfatti.

Ecco, questo punto in particolare, ha avuto una certa risonanza su di me, perché mi rivedo in questa attitudine di studentessa perpetua, che non è un male in assoluto ma lo diventa nella misura in cui non permette di mettere un punto di fine a questa fase preliminare per poi passare all’azione. Ed è qui che si perde l’opportunità di diventare creatori, non semplici consumatori. Negli ultimi anni credo di aver in qualche modo intrapreso, in maniera più o meno inconsapevole, questa traiettoria: fare invece di pensare di fare, o documentarmi su come fare, ed è questo un punto di svolta che mi sento di consigliare. Per me l’epifania è stata nell’appropriarmi del concetto “fatto è meglio che perfetto”, che vi condivido sperando vi stimoli ad agire. Fare, creare, magari sbagliare e ricominciare di nuovo.

una schermata direttamente dalla wayback machine di francescablog.it nel 2016, quando ho cominciato a implementare il concetto di “done is better then perfect”.

Sarà che nella Scuola abbiamo un certo feticismo per gli acronimi, ma non posso esimermi dal trovarne i due principali utilizzati nel libro, CODE e PARA, carini. Vediamo di cosa si tratta:

CODE: è il metodo in quattro fasi per gestire efficacemente le informazioni personali, che sta per Catturare, Organizzare, Distillare ed Esprimere. Questo metodo guida i lettori attraverso il processo di salvataggio delle informazioni rilevanti, mantenendole organizzate, estraendone l’essenza e, infine, condividendo le proprie riflessioni e idee.

PARA: è la cornice che permette la gestione della conoscenza, da un punto di vista che non avevo mai considerato: in base alla loro utilità immediata. Ecco in breve come potremmo riorganizzare i materiali

Progetti: attività a breve termine nel lavoro o nella vita a cui ci stiamo dedicando adesso
Aree: responsabilità a lungo termine da gestire nel tempo
Risorse: argomenti o interesse che possono essere utili in futuro
Archivio: elementi inattivi delle altre 3 categorie.

In estrema sintesi, si tratta di una gestione della conoscenza personale in tre fasi: ricordare (archiviare fatti e idee), collegare (mettere in relazione le idee) e creare (usare le conoscenze ed idee accumulate per creare nuove cose). In questo modo, secondo l’autore, idee e concetti chiave offrono un approccio sistematico per affrontare il sovraccarico di informazioni e sfruttare al meglio le proprie capacità cognitive e creative​​​​​​.

Man mano che procedevo nella lettura, ho provato ad applicare alcuni dei suggerimenti e ho trovato diversi spunti da applicare nel futuro prossimo. Direi che decisamente si è trattato di una lettura che mi sento di consigliare, soprattutto se come me sei in un momento di riflessione, sotto la spinta di un certo spirito critico e mettendo da parte il fatto che alcuni concetti potrebbero essere meno diluiti, ma ecco, forse nel mio caso personale è stato comunque funzionale ad approcciarmi alla lettura rallentando la mia consueta frenesia. Ora vediamo se a distanza di tempo sarò in grado di implementare stabilmente quello che ho acquisito da questa lettura, vi terrò aggiornati.

Immagine generata dall’AI con il prompt “the connection between digital and brain, digital thinking”

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