E’ un sabato tranquillo. Sveglia presto, pit stop alle poste di quartiere (yeah!) per pagare le bollette e poi colazione al bar con amici. Ho preparato il pranzo con la musica a tutto volume e poi abbiamo guardato la fine di una versione in bianco e nero del Conte di Montecristo, credo sia quella del 1943, ringraziando Raiplay che ne ha sponsorizzato la visione. Contrariamente al mio vivere costantemente online, oggi non avevo avuto il tempo di aprire i social media e quindi mi ero persa la polemica del giorno. Avrei dovuto fare una gif della mia espressione, nel momento esatto in cui apro Open e scopro che un “collega”, virgolette necessarie per mettere tutta la distanza possibile tra il mestiere di docente per come lo vivo io e per come lo intende lui, ha deciso di dare prova in mondo visione della sua sconfinata intelligenza.
Vedete, i social rendono possibile evidenziare delle specifiche caratteristiche che prima rimanevano confinate solo nei luoghi di appartenenza delle persone: giusto per fare un esempio se eri, che ne so, fascista, o razzista, o tutte e due le cose, magari lo sapevano solo i tuoi familiari, i tuoi amici o il tuo quartiere. E invece adesso ci piace, ci piace tantissimo esprimere opinioni su tutto e pontificare dall’alto dei nostri piedistalli, millantando quello che non siamo o, come in questo caso, esponendo proprio quello che siamo. E noi docenti, quando si tratta di parlare davanti ad una nutrita audience, beh, ci sfreghiamo le mani.
Appartengo a questa strana categoria, quella dei docenti: una fetta di popolazione che per la sua corposità rappresenta un campione dell’intera società. Siamo un esercito di oltre 850.000 persone che più eterogeneo non si può, distribuite su quasi 60000 scuole negli oltre 8000 comuni italiani da nord a sud. Persone diverse anche in merito allo svolgimento del lavoro stesso: immaginate come possa essere diverso insegnare in un alberghiero in Campania, in una scuola elementare in provincia di Crotone, in un liceo classico Triestino.
Eppure, una cosa, ci accomuna: ci prendiamo cura di qualcosa di straordinario, il cervello dei nostri studenti, che ci viene affidato negli anni fondamentali delle loro vite. Ci proviamo giorno dopo giorno, ogni mattina alle 8:00 siamo in classe: non so se ci riusciamo bene, o se facciamo male, o se avremmo dovuto fare meglio, diversamente, più approfonditamente, meno coinvolti o più vicini, non lo so. Ma ci proviamo, ci proviamo a stimolare il pensiero critico, a fare ragionare sul mondo, al di là del 6 nella materia. A provare a fargli capire l’importanza del sapere e la bellezza della conoscenza, ultima forma di salvezza sociale.
E poi arriva qualcuno, che con arroganza, minaccia di rendere la vita difficile a studenti che vogliono semplicemente esprimere come nel loro diritto, il loro libero pensiero.
Questa persona, dimentica che viviamo in uno Stato di Diritto, dove la libertà è garantita dalla Costituzione. Forse è la nostalgia della scuola di “zio Benito” come riporta in un articolo nel proprio blog personale, nostalgia che lo porta a linkare ed ascoltare brani del calibro di “Inno al Balilla, Giovinezza, Bombe e carezze col pugnal, Me ne frego“.
Ora io mi chiedo come sia possibile avere un sito al limite del reato di apologia di fascismo, scrivere tranquillamente in un post sul social network “ho un sito personale, non temo di metterci la faccia. Venite pure a trovarmi a Torrano di Pontremoli: ho due motoseghe, tre marazzi, un cane, una falce, due accette: credo bastino per darvele sulle vostre teste vuote ” riferito sempre alle sardine, in risposta a chi probabilmente aveva protestato sul suo profilo Facebook, ovviamente coraggiosamente cancellato in un goffo tentativo di non lasciare traccia, non appena la polemica è diventatata (giustamente) virale.
Vorrei sottolineare che se invece della manifestazione delle sardine, si fosse trattato di andare a Pontida per la Lega, o ad Atreju per Fratelli di Italia, e un docente avesse limitato la libertà degli studenti minacciando ritorsioni, la gravità dell’atto sarebbe uguale.
Non si discriminano gli studenti per il loro pensiero politico, sia esso di destra o di sinistra: non si discrimina punto e basta.
In tutta la vicenda, un plauso va alle Istituzioni (Ministro Fioramonti e viceministra Ascani) che, nel tam tam mediatico scatenato dalla vicenda, prendono rapidamente posizione e si riservano di agire nelle opportune sedi e con le modalità che ha uno Stato di diritto, come il nostro per fortuna, è ancora (nonostante i nostalgici del ventennio).
0 commenti