Mi sono appena resa conto che non scrivo sul blog da tanto. Ho perso la cognizione del tempo e mi sono persa anche io in questo anno fatto di telefonate che fanno più male di un pugno in piena faccia e di corse frenetiche, di spazi di silenzio assoluto quando avrei voluto un suono amico alternati a momenti di rumore assordante quando invece avrei desiderato la quiete.

Ho trattenuto il fiato per tutti questi mesi e mi sono messa in stand-by ed ora, non mi trovo più: la Francesca che legge libri, canta, mette le cuffiette e cammina per chilometri meravigliandosi di tutto, ha lasciato il posto ad una burocrate che non vuole trovare il tempo per comprare una tuta nuova perché dentro di sé ha la percezione che sarà una spesa inutile.  Non lo so quando è successo, ma ad un certo punto ho trasformato la mia vita in una check list ed ho provato ad ottimizzare, senza riuscirci, quello che gli altri si aspettano che io faccia, facendo scalare  i task Francesca-oriented alla fine della lista. E sapete cosa è successo? Dopo un anno passato così ho cominciato ad incattivirmi, a coltivare un costante senso di frustrazione pensando a tutto quello che non va, quando invece, e nonostante un anno doloroso, ho tantissimo di cui essere grata ogni giorno della mia vita.
E’ che oggi stavo ascoltando Time dei Pink Floyd e forse per la primissima volta, mi sono soffermata a leggerne il testo, e mi ci sono rivista.

“…Every year is getting shorter,
never seem to find the time
Plans that either come to naught
or half a page of scribbled lines…”

Ogni anno si fa più breve,
sembra che non si trovi mai il tempo
Progetti che finiscono nel nulla
o in mezza pagina di righe scarabocchiate.

In passato, la mia percezione del tempo mi vedeva arrancare ultima partecipante in una corsa in cui altri erano sempre più avanti di me, a volte a giusto titolo, altre volte solo nella mia testa. Oggi quando ho finalmente trovato il ritmo giusto, che mi mettesse al pari della corsa con gli altri, la vita cambia il punto di vista: non è una questione di velocità ma di imparare a dedicare il giusto tempo alle situazioni, alle persone e solo infine alle cose. Tempo passato che non ritorna, sprecato: nel lamento fine a se stesso, nello scorrere post di sconosciuti che resteranno sconosciuti sui social, nel rispondere ai bisogni degli altri, nelle infinite chat di gruppo, in uno smartphone ormai appendice succhiatempo . . . tempo sprecato.
Ed io l’ho perduto finora in tutti i modi possibili, anche se ora una consapevolezza si fa strada nella mia testa, una necessità che mi porta a scriverne, come fosse una forma di terapia. Il metterlo nero su bianco, qui sul blog, probabilmente non serve a nulla, ma magari non la sto guardando dalla giusta prospettiva: in fondo mi sono regalata una buona mezzoretta lontana dal pensiero “di quello che devo fare” lasciandomi invece nello stato di fare quello che mi va di fare.

E con in sottofondo The Great Gig in the sky, scusate se è poco.

 

 


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